L'astrattismo lirico di Renzo Bergamo
Quando nel 1910 Kandinsky, con il suo Acquarelle Abstraite, ha stravolto uno dei punti fermi della pittura e cioè l'obbligo della figurazione comunque espressa, nel mondo parecchi soloni del mondo artistico sentenziarono che il tentativo non avrebbe avuto successo e non sarebbe stato seguito da nessuno. Come invece sappiamo, nel decennio successivo, nacquero le opere di Mondrian e Malevich, di Klee, di Delaunay e ancora di Leger, Rodtchenko, Popova e di tutta una sede di altri artisti (in Italia Romani, Balla, Magnelli, Prampolini ecc.), oggi giustamente considerati grandi, che affermarono l'astrattismo come una delle più importanti espressioni della pittura dei XX secolo. In effetti Kandinsky aveva provocato un autentico terremoto nel mondo delle diverse Accademie, rimasto un po' ammuffito nonostante la rivoluzione impressionista appena passata e quella futurista che stava iniziando, ed era riuscito a mettere in discussione la necessità di esprimersi attraverso la figurazione ma, ancora meglio, aveva dato agli artisti che sarebbero venuti dopo di lui la possibilità di poter dipingere quello che vedevano con il cuore e con l'immaginazione e non solo con gli occhi. Quel piccolo acquerello su carta di Kandinsky deve quindi essere considerato un autentico movimento di liberazione artistica, attraverso il quale il mondo occidentale ha conosciuto un modo di fare arte assolutamente straordinario, perché ha rappresentato, nella maniera la più aderente alla realtà, il mondo di oggi. Una volta accettato infatti il principio che poteva essere anche l'immaginazione a guidare la mano dei pittore, e non solo l'immobilismo di un punto di vista obbligato dalla prospettiva e dall’ immagine, all'artista si apriva il grande mondo sconosciuto dei dentro di sé, nel quale poter cercare colori e forme, e con questo realizzare opere completamente personali, lo stravolgimento è stato quindi totale, però, malgrado l'apparenza, la pittura non era cambiata per niente, che le arti plastiche rimanevano tali, anche se evidentemente visitate con diverse possibilità di espressione. Da quel momento l'artista non aveva più limiti né freni o condizionamenti esterni, tutto poteva essere dipinto, ogni forma, o ectoplasma di forma, poteva essere pensata ed espressa sulla tela. Un problema semmai era far accettare queste opere che sembravano non rappresentare niente, prive com'erano di una possibilità interpretativa da parte di un pubblico impreparato a capire. Un altro problema, ancora più importante, era quello di riuscire a esprimere qualcosa che avesse un senso, considerato che quello facile della figura veniva, con l'astrazione, eliminato. Non erano problemi da poco. la facilità di mettere forme e colori su una tela, spesso anche la velocità con cui queste opere venivano realizzate, che contrastava con la estenuante lentezza dei lavori accademici, con la preparazione dei fondi, le velature e cosi via, faceva sorgere pesanti sospetti, almeno al grande pubblico, sulla serietà dell'astrazione. Infatti questo periodo è 'per molti ancora un periodo ambiguo, ancora troppo vicino per essere obiettivamente mondato da sospetti. E col nome di arte astratta, e anche informale, talvolta si sono giustificate vere e proprie nefandezze pittoriche lasciando che venisse coltivata una sola-arte che ha sovente trascinato con sé nel giudizio negativo anche artisti di valore. Perché, agli occhi superficiali di un certo pubblico, la distinzione tra il vero artista e l'imitatore non sempre veniva afferrata, soprattutto perché mancava, e manca spesso tuttora, una abitudine alla non rappresentazione figurativa e da questa mancanza nasceva l'impossibilità di saper distinguere la qualità dal mediocre. E invece la qualità in un'opera astratta, per alcuni erroneamente rappresentative dei niente, è assolutamente necessaria, qualità creativa ed esecutiva, proprio perché è il supposto niente il tema da sviluppare, e quindi è facilissimo cadere nell'assenza di senso. Ma in un mondo artistico così facile alla mistificazione, dove chiunque sembra poter pretendere di essere classificato come astratto o informale, come fare per identificare la qualità dell'artista vero? Oggi, quasi cento anni dopo l'Acquarelle Abstraite di Kandinsky, ancora moltissima gente dice di non capire" l'arte astratta o quella informale. in effetti questo è un problema, ma non è un problema che l'artista si pone. Riuscire a comprendere un'opera d'arte è sempre il risultato di una attenta costruzione, dove giocano la sensibilità, una certa competenza che può anche essere empirica e la partecipazione emotiva. Non esiste un'opera d'arte con la quale si entra in rapporto in maniera immediata. Questa è la ragione per cui, quelli che dichiarano di non capire l'arte astratta o informale, si dicono amanti della figurazione: perché pensano di capirla, di interpretarla, mentre in realtà si limitano semplicemente a vederla. Ci sono poi quelli che si pongono la fatidica domanda: cosa significa? pensando che una composizione astratta possa avere una spiegazione in termini figurati (questa è una mela, questo è un aereo, questa una pianta ecc.). Una domanda simile non dovrebbe mai essere posta, perché non esiste la spiegazione' di un'opera astratta, nemmeno l'artista potrebbe darne una con esattezza, perché nella fase di creazione dell'opera il pieno controllo dei procedimento quasi sempre sfugge e allora l'autore si muove quasi automaticamente sapendo che quel colore o quel segno devono essere messi in quel modo e in quella posizione: qui nasce la qualità dei lavoro, dal raptus creativo e dalla capacità di esecuzione, che alla fine danno sempre un'opera piena , di senso compiuto. Renzo Bergamo è un'artista di elevata qualità. I suoi dipinti sono gli indiscutibili testimoni di questa affermazione che non teme di essere contestata perché semplicemente risponde alla realtà. Si può discutere, come sempre per ogni cosa, se le sue opere piacciono o non piacciono, questa è solo una questione di gusti personali, ma nessuno, critico o collezionista che sia, può metterne in dubbio la qualità delle stesse che è visibile anche ad un occhio inesperto. Qualcuno ha voluto osservare che la sua pittura a volte ricorda quella di Sebastian Matta. Ora io non vedo assolutamente questa somiglianza che è, a mio giudizio, figlia di una accentuata miopia osservativa perché si basa solo sul modo, comune nei due artisti, di occupare lo spazio, con una bilanciatura dei pesi sempre perfetta e con un ritmo narrativo incalzante. Per il resto la pittura di Bergamo assomiglia a quella di Matta come una caffettiera assomiglia a una tazzina da caffè! Come non vedere che si tratta dì due mondi totalmente diversi? Il surrealismo evidente dì Matta si nutre della deformazione di oggetti conosciuti, tastiere di saxofono, dentiere e così via, mentre Bergamo vola, nelle sue tele si spazia in universi che solo la sua immaginazione riesce a vedere e la sua mano a riportare sulla tela con una facilità di espressione che lascia ammirati. A questo proposito Bergamo risponde che le cose sono nell’aria, l’intuizione, la forma, i concetti li respiriamo come se fossero particelle sospese, accade cosi che casualmente li percepiamo contemporaneamente ad altri ed ognuno li sviluppa a sua immagine e somiglianza. Ho sempre definito la pittura di Bergamo come Astrazione lirica, perché partendo da Kandinsky è quello fra tutti che sembra aver afferrato, anzi divorato, il messaggio del grande Maestro russo sulla plasticità delle forme inventato e sullo sviluppo delle costruzioni nello spazio. Certamente la distanza tra i due è notevole: siamo nel 1997, c'è l'elettronica, la realtà virtuale, i prodotti cibernetici, la televisione, i satelliti ecc., e Renzo Bergamo ha registrato, così come non poteva evidentemente fare Kandinsky nel suo 1910, tutte le novità del progresso tecnico e tecnologico di questo secolo tumultuoso, ma la sensibilità espressiva è la medesima con una grande presenza dell'invisibile, cioè di quello che viene lasciato all’immaginazione dell'osservatore. Quasi cento anni separano questi due interpreti dell'arte astratta, ma un sicuro legame li lega: quello che era poesia in Kandinsky è diventato respiro dell'anno 2000 in Bergamo, ma la matrice ideativa, come ho cercato di dire, è la stessa, perché probabilmente simile è il modus creativo che permette all'immaginazione di spaziare in orizzonti infiniti e sconosciuti. Oggi Renzo Bergamo sta lavorando sul Caos primordiale e sulla Creazione. È un tema che lo coinvolge profondamente da anni, che gli costa giorni e giorni di ricerche, di prove, di schizzi, di delusioni e di esaltanti momenti. Ho visto alcune cose di questa serie, per ora assolutamente privata, piccole cose perché l'artista è estremamente riservato su questi nuovi lavori, e devo dire che sono rimasto colpito dal pathos che sprigionano. Colori drammatici percorsi da lampi di luce che sembrano l'emanazione del volere di Dio sulla materia che sta per essere. Una visione prospettica che vuole trascendere la prospettiva lineare, anzi la complica con una sorta di multidimensionalità che sembra un modello per nuove geometrie post-Caos, una specie di Universo Einsteiniano, immaginato forse con anche con l'occhio della Fede, e tutto in un'atmosfera veramente densa di tensione. Spero che Bergamo arrivi ad una decisione su queste opere, e che decida di presentarle al pubblico, perché credo di poter affermare che desteranno grande interesse.
1997