Un ritorno importante 

Su un prestigioso mensile specializzato (il Giornale dell'Arte, aprile 1994) è stato pubblicato un fondo dal titolo Vogliamo Nuova Droga L'articolo inizia con tre domande: "Qual è in ordine di data l'ultima opera d'Arte che vi ha fatto sussultare? Ricordate ancora il vostro ultimo orgasmo artistico? In tre secondi, quale nome vi viene in mente se vi si chiede di citare l'ultimo grande artista di questi tempi”; poi prosegue con diverse considerazioni fino a porsi altre domande: " Chi avrà ucciso l'Opera d'Arte Nuova? Perché essa non viene più a sedurci o a farci violenza?" per chiudere con un'invocazione: " Urge Nuova Droga Arte: non ci rassegniamo a questa crisi d'astinenza". Ora io non vorrei citare me stesso, ma in una lettera-articolo (L'Era dei Mercanti) da me scritta a Flash Art, e pubblicata, ribadivo con ancor maggior crudezza gli stessi concetti, e così ho fatto anche in molte presentazioni sui cataloghi. Del resto non è difficile rendersi conto che l'Arte, in questi ultimi anni, è caduta in una dimensione pressoché priva di significati e sembra essere diventata una specie di palestra per ricerche, alcune volte serie ma ancora più sovente, inutili. I motivi di questa caduta di livello, che ha impedito che emergessero nuovi grandi artisti, sono molteplici. Citerò solo quelli più importanti.
Fino a qualche decennio fa l'Arte era solo per coloro che Dio aveva fornito delle capacità necessarie ad essere "artista": gente che sapeva disegnare, che riportava con facilità ciò che l'occhio vedeva e, in qualche caso, riusciva ad interpretarlo con la propria sensibilità, così da creare opere che sì distinguevano per originalità e fantasia dalla semplice riproduzione. Del resto l'Arte nasce nelle botteghe artigiane dei primi secoli del secondo millennio e per centinaia d’anni ha continuato ad esprimersi richiedendo certe doti. Ed è in questo contesto che sono nati geni come Piero della Francesca, Raffaello, Rembrandt & C. Ma in questi ultimi cento anni sono emersi una serie di fatti che hanno sconvolto l'idea stessa d’Arte così come da sempre concepita. La civiltà tecnologica ha fatto nascere il Futurismo, il desiderio di uscire dalle Accademie ha portato all'impressionismo, quindi all'Espressionismo. E ancora, la grande lezione di Malevic, di Kandinskij, di Mondrian, il Cubismo, le provocazioni di Duchamp, il messaggio dei Cobra, la Pop Art e l'Arte seriale di Andy Warhol: tutti questi movimenti, certamente importanti, hanno confuso troppa gente tanto che molti addetti ai lavori sono arrivati adesso a pensare, per ignoranza o malafede, che qualunque manifestazione, qualunque scarabocchio, qualunque colata di bronzo, fosse da considerare "espressione artistica". Troppo facile, anzi stupido. Siamo così caduti nella confusione totale, dove ognuno la racconta come vuole. Siamo così arrivati al deserto nelle Gallerie. Al distacco della gente da cose che non riescono a capire. Anche la critica, certa critica dagli occhi strabici, ha fatto la sua parte. Perché se è normale, anzi necessario, che l'artista cammini qualche decennio avanti rispetto agli altri, se è fondamentale che un artista faccia delle ricerche che spesso non vengono ben capite dai propri contemporanei, è obbligatorio che la critica sappia distinguere tra l'Artista e il millantatore. Purtroppo, per ragioni spesso lontane da quelle culturali, gli pseudo-artisti sono stati lodati, esposti e venduti a prezzi assurdi. È stato un tempo in cui millantatore ed epigoni mediocri hanno realizzato lavori brutti, cose furbe riprese da esperienze altrui, opere inutili, sostenuti per motivi esclusivamente economici da poco scrupolosi addetti ai lavori. Il risultato è davanti a tutti: l'Arte è in crisi, i collezionisti sono diventati più rari dell'aria pulita, migliaia di gallerie sopravvivono in qualche modo facendo mercato anziché cultura, e i nuovi artisti non sanno che pesci pigliare perché manca la possibilità di esporre e quindi di rivelarsi. I motivi sarebbero quindi facili da individuare. Ma la voglia di riparare sembra non esserci: la crisi, che si accompagna anche ad un degrado culturale generalizzato, sembra quindi irreversibile. Ora che un gran giornale faccia un fondo in prima pagina dove, anziché riportare gli 'importanti' risultati delle aste di New York o un'intervista straordinaria con il consigliere delegato della famosa casa d'aste, chiede a gran voce: "Vogliamo Arte Vera!" non può essere che positivo. Che sia IL segnale? Cominceremo forse a pensare un po’ di più al significato vero del nostro lavoro? Comprenderemo finalmente che occorre esporre con maggior discernimento? Forse i critici torneranno a fare vera-Mente un lavoro di critica? Basterebbe così poco! Gli pseudo-artisti si cercherebbero un altro lavoro, i galleristi potrebbero smettere di fare i supermarket dell'Arte o gli affittacamere, e l'Arte potrebbe riprendersi il posto che le spetta. Certo spesso sbagliamo anche in buonafede. Spesso "non ci pigliamo" per ignoranza. Chi di noi non ha mai sbagliato? Anche io ho commesso i miei errori. Qualche volta, ad esempio, mi sono fatto prendere più dal nome dell'artista che non dalla qualità del suo lavoro. Ma non è qui l'errore. L'errore è aver deformato l'immagine dell'Arte in qualcosa di irriconoscibile agli stessi addetti ai lavori. Ci siamo presi in giro per molti anni, ora sarebbe il caso di smettere con questo gioco al massacro. Personalmente oggi sono scrupolosamente attento a quel che devo esporre. Il grande nome, qualche volta solo gonfio di lodi, mi può interessare ma anche lasciare del tutto indifferente. Voglio solo Artisti Veri. Che espongano opere vere. C'è un gruppo musicale americano di nome Spaceman 3 che compone e suona una musica senza tempo, priva di ritmo, che può essere suonata a velocità differenti senza che nulla perda del suo fascino. Le opere di Renzo Bergamo hanno molta similitudine con la musica di questo gruppo, sia perché possono essere guardate in verticale o in orizzontale, da destra o da sinistra anch'esse senza nulla perdere della loro magia, sia perché, come la musica di questo gruppo, sembrano giungere a noi dai luoghi più profondi dell'essere o da spazi infiniti. Renzo Bergamo è un personaggio unico. Nato in provincia di Venezia nel 1934, fiorisce nei primi anni sessanta come un prodigio dell'Arte italiana e, infatti, riceve lusinghiere critiche. Per alcuni anni espone a ritmo serrato con personali e collettive nelle migliori gallerie italiane e straniere poi, improvvisamente rompe tutti i contatti con galleristi e critici e si ritira in una casa in Sardegna, a lavorare e a sperimentare tecniche nuove. Il motivo principale di questa sua decisione è da ricercarsi nell'equivoco che stava nascendo intorno all'Arte che obbligava l'Artista vero, con la A maiuscola, a confondersi con i millantatori e gli pseudo-artisti di cui ho scritto in precedenza.
Continuava ovviamente a produrre, anche se in quantità ridotta (Renzo Bergamo è uno scrupoloso perfezionista), e a vendere a musei e a collezionisti, ma si negava ostinatamente a nuove esposizioni. Vedremo più avanti, rispondeva ad ogni proposta. Lo conosco Bergamo da venti anni e di suo possiedo solo un lavoro che sono riuscito a comperare anni or sono. Però andavo nel suo studio, vedevo nascere le sue opere e non mi riusciva di capire perché non si dovessero esporre. E ‘stata una fatica lunga anni. Ma ora sono orgoglioso di poter presentare una esposizione di questo artista che io ritengo, senza remore, uno dei migliori oggi esistenti in Italia. Cos'è la sua arte? Difficile da spiegare con le parole: la prima cosa che colpisce nelle sue opere è la straordinaria fantasia, la ricchezza di energia, la tensione. È un'arte dionisiaca, estatica, energica, un'arte che fa pensare a Eraclito e ad Heisenberg, in termini di movimento, ma che sembra anche una sintesi moderna di discorsi antichissimi. Una luce misteriosa avvolge, trapassa, si sprigiona da forme incredibili. Interazione fra micro e macrocosmo: il protozoo esplode e diventa un pianeta, o uno stato d'animo, l'ameba scivola su virgole musicali, l'anima si materializza. Il colore violenta gli spazi, li accarezza, li coinvolge. Arte mistica, che si rifà ad una religione panteistica in cui Dio si manifesta nel Tutto. Arte edonistica. Danza cosmica. Inesauribile, essa abbraccia il tempo e lo spazio, manifestandosi in un puro impeto di gioia. Nascita e rinascita, antico e futuro. Monique Sartor nel suo saggio critico dà certamente una risposta a questa domanda, io posso solo dire che un dipinto di Bergamo non ci si stanca mai di guardarlo, perché, proprio come un brano musicale, scorre nel tempo e lo riempie di sensazioni, di scoperte, di emozioni. Ecco, un'overdose (salutare) di Droga Arte.

1994

Enrico Gariboldi

Fondatore della Galleria Enrico Gariboldi - Largo Richini - Milano , Saggista

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